Devo ammetterlo. Spino mi piaceva di più quando era cattivo e spinoso (mi spiace aver svelato con questo tempo al passato un finale tranquillizzante). Lo sguardo vivo, frizzante di cattiveria, i dispetti fantasiosi, mai simili a loro stessi… Poi Spino non improvvisa, certo una buona fetta della sua cattiveria è frutto di talento, ma ha anche studiato molto, si è distinto per cattiveria, bisogna rendergliene merito.

Poi la solitudine esaspera ogni cosa, credo che abbia il potere di velare di grigio tutto, anche la cattiveria più vivace. E quella in cui Spino decide di ritirarsi, nel folto del bosco, amplifica la crudeltà della cattiveria cui era già predisposto. Comincia, Spino, a imprigionare, strappare ali, ridere degli altri e questo no, è antipatico, è insopportabile. Man mano che la crudeltà di Spino si esacerba succede qualcosa di inatteso: le spine di Spino, così determinanti per tenere in piedi la sua personalità, cominciano a cadere. Perde le spine e comincia a riflettere, si pone domande. L’abito fa il monaco dunque? Pare chiedersi seduto su un sasso, solo con se stesso.

Forse sì, visto che, bello rosa e paffutello, dopo aver fatto amicizia con un consiglio saggio ed empatico e aver imparato a divertirsi per bene, basta che rispuntino le spine per farlo tornare alle scorribande cui era avvezzo. O forse no, riflettere con sé stessi può portare a capovolgimenti di fronti piuttosto piacevoli. E come il tutto si risolva… beh, l’ho detto già all’inizio.
Titolo: Spino
Autore: Ilaria Guarducci
Editore: Camelozampa
Dati: 2016, 36 pp., 14,00 €
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